Tabacco

La lavorazione dei tabacchi levantini, svolse, nell’economia salentina del tempo, un ruolo importante e contribuì con la sua produzione a ridisegnare l’assetto economico e sociale della Terra d’Otranto. Oltre il 60% di contadini, artigiani e concessionari erano titolari di attività legate alla coltivazione e manipolazione di questo prodotto.

Il Principe Sebastiano Apostolico-Orsini, in un suo scritto su “L’industria tabacchifera nel Salento” del 1927 scriveva: “[...] Questa regione, faticosamente nel corso di 40 anni, spiegando intelligenza, pazienza, lavoro, investendo capitali per centinaia di milioni, ha impiantato una mirabile industria. Intorno ad essa trovano lavoro circa 200 mila proletari, tra uomini e donne [...]. Tutta la popolazione vive intorno a questa industria. Io a ragione, calcolo, che tutti costoro che dedicano la loro azione lavorativa al tabacco, ammontano a 200 mila lavoratori [...]. Somma quasi tutta riversata al proletariato, perché, la produzione del tabacco salentino e la lavorazione di esso, è industria agraria, la più intensiva che giammai si sia praticata [...]”.

L’organizzazione della tabacchicoltura, sin dal suo nascere sino al consumo della sigaretta, percorre un ciclo produttivo che si distingue in tre fasi di produzione differenti per rendere il prodotto di immediato consumo: la fase colturale o agraria fatta dai contadini, da quando si semina sino alla coltivazione, la raccolta e l’infilzamento delle foglie; la fase premanifatturiera (prima lavorazione), dalla manipolazione delle foglie all’allestimento della materia greggia, fatta dai concessionari detentori dei magazzini; la fase manifatturiera (o industriale) e commerciale, legata alla trasformazione fatta nelle Manifatture Tabacchi e vendita delle sigarette dai Monopoli di Stato.