Olio

Della Terra d’Otranto e dei suoi numerosissimi comuni, distinti in sei zone oleifere, Cosimo De Giorgi scriveva: “È questa una delle regioni oleifere per eccellenza. Vi concorre la natura e la posizione del suolo, e la temperatura del nostro clima”.
L’industria olearia, per secoli, ha svolto un ruolo di primaria importanza e ha rappresentato il pilastro portante dell’economia pugliese e di Terra d’Otranto.
Le olive venivano portate nel trappeto (dal latino trapetum); una struttura produttiva dove erano posizionate le macchine per la frangitura e la torchiatura della pasta (ricavata dalle drupe schiacciate proveniente dal frantoio a macelli), che permetteva l’estrazione dell’olio.
All’interno dei trappeti, meglio noti come "frantoi da olio", durante il processo di trasformazione (frangitura e torchiatura) si svolgeva un lavoro massacrante e disumano; per questo sono conosciuti come trappeti che lavorano “a sangue”. Erano definiti “a sangue” o “a tiro” perché la grossa pietra molare e in seguito le mole più piccole, erano messe in movimento dalla forza animale e i torchi azionati con “forza a braccia” da uomini.
In Terra d’Otranto è presente una peculiare tipologia di strutture produttive: i trappeti ipogei; essi sono stati ricavati nel banco di pietra locale. I primi trappeti sono del tipo “alla calabrese” (o “a grotta”); poi, a partire dal 1768, del tipo “alla genovese”.
In seguito, intorno all’ultimo quarto del Settecento, compaiono i trappeti semipogei in parte scavati e in parte costruiti.
Durante l’età industriale (1875 circa), iniziano a comparire i primi moderni stabilimenti oleari o oleifici, con "forza meccanica" alimentata dal vapore; in seguito con energia idraulica ed elettrica.