Concia

La lavorazione industriale dell’attività conciaria si radicò in Puglia e, in particolare in Terra d’Otranto a partire dalla prima metà dell’Ottocento.
Furono alcuni imprenditori francesi, che nel Regno di Napoli avviarono una produzione conciaria con nuove tecniche e una nuova organizzazione del lavoro: nuovi spazi per la produzione; la meccanizzazione con mulini ad acqua per la macerazione della corteccia; l’aumento delle unità addette alla fase di asciugatura.
Nel corso dell’Ottocento si formarono così operai specializzati che diffusero tecniche nuove in tutto il Regno.
I cuoi pugliesi, in particolare il Marocchino indorato (noto con il nome di “auripelle”), il Bazano e il Cardavano erano rinomati a livello nazionale per l’alta qualità.
In Puglia fu la Terra d’Otranto, l’estremo lembo di terra pugliese, l’area più produttiva della produzione conciaria; Brindisi, Lecce, Galatina, Maglie, Massafra, Tricase, Francavilla Fontana, Cavallino e Grottaglie furono i centri più importanti.
Ci sono alcune espressioni linguistiche che ancora oggi la popolazione ricorda.
A Tricase, per esempio, gli abitanti venivano chiamati “pellicaj”, cioè conciatori per eccellenza. A Galatina, nel secolo XVIII, coloro che lavoravano il cuoio erano nominati “gallicaj” o “ditiniuri” (diti neri) per via del colore brunastro che la pelle delle mani assumeva dopo aver manipolato le galle con il tannino.
La toponomastica di Maglie ricorda vecchie “cunzarie” in una strada del centro intitolata appunto “via dei pellai”; a Massafra Via delle Concerie.
Nel 1888 in Terra d’Otranto esistevano 118 concerie di pelli e botteghe di lavoratori di cuoio, con 331 operai impiegati. Si trattava di concerie di piccole dimensioni, che utilizzavano come materie prime pelli di animali abbattuti nei vicini macelli comunali.
I procedimenti per la lavorazione del cuoio erano però principalmente artigianali e tradizionali. Per la concia si usava la scorza di quercia, il lentisco e il mirto. Tale pellame era anche adoperato come cuoio per le suole e le tomaie delle scarpe.
Dagli Annali di statistica del 1891 risultano attive solo cinquantanove concerie di cui la più alta concentrazione era ubicata nel territorio di Galatina che ne possedeva undici; a Grottaglie dieci e Maglie sei: quelle di Tobia De Donatis; Pasquale Donateo; Ferramosca, Paolini & Nicola; Francesco Portaluri; Luigi Portaluri; Medico Portaluri; in seguito quelle di Marco Tondi e Giuseppe Tondi.
Nota era la conceria della Ditta Lisi Donato & figli di Galatina che già utilizzava una caldaia a vapore di quattro cavalli. Maglie, Galatina, Tricase, Cavallino e Massafra sono i centri in cui è stato possibile ricostruire la loro storia.
Il Novecento segnò la totale scomparsa delle concerie in Terra d’Otranto anche per difficoltà legate alla scarsità dell’acqua; ai rapidi mutamenti del mercato e all’evoluzione industriale delle tecniche.